Cos'è l'arteterapia

L’arteterapia arriva dove non arrivano le parole

L’arteterapia arriva
dove non arrivano
le parole

L’arteterapia è un intervento d’aiuto a mediazione non verbale, dove il soggetto, o il gruppo coinvolto, si trova a condividere parti importanti di sé mediante l’utilizzo di diversi materiali artistici e, o, di riciclo per attraversare o conoscere i motivi che l’hanno condotto in terapia. Citando le parole di Paul Klee: “L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non lo è”.

Questa disciplina si distingue dalle terapie tradizionali per la sua possibilità di utilizzare il canale non verbale come principale strumento dell’espressione di sé in maniera protetta, gentile e non giudicante.

Il lavoro artistico viene usato come mezzo d’espressione protetto per emozioni forti che possono emergere alla coscienza ed essere comprese (Case, Dalley, 1992).

L’arteterapia prevede un setting ben preciso e regolamentato che vede fondamentale la relazione tra utente, immagine e arteterapeuta la quale offre un accompagnamento contenitivo al processo creativo e pone al centro il suo esserci oltre che i materiali.

Cosa fa l'arteterapeuta

La figura di arteterapeuta è capace di instaurare con la persona che richiede il suo intervento, una relazione protetta, empatica e non giudicante; i materiali e gli strumenti che noi arteterapeute utilizziamo sono mezzi che facilitano l’espressione di sé e il cambiamento.
L’arteterapia è figlia di genitori illustri come l’arte e la psicoanalisi e ha maturato la sua identità attraverso l’analisi del suo specifico metodo di lavoro: il lavoro simbolico.
Per comprendere al meglio la natura della figura dell’arteterapeuta è importante conoscere la sua storia.

La professione di Arteterapeuta può essere svolta in ambito socio-educativo e clinico sanitario e possiede i seguenti requisiti:

conosce i fondamenti della psicologia e della psicopatologia;

integra la sua professione con quella di altri professionisti che lavorano nel suo settore come insegnanti, psicologi, neurologi, psichiatrƏ, psicoterapeutƏ, maestrƏ d’arte, tecnici della riabilitazione, artistƏ, pedagogistƏ o in base a invii specifici; lavora in équipe.

aiuta nelle attività del fare ma non si sostituisce, non interpreta il segno grafico ma crea insieme alla persona un’immagine in cui si riconosca, scoprendone il significato simbolico.

comunica e mantiene vivi i contatti con colleghƏ e con gli invitanti. E’ in relazione con un Supervisore Arte terapeuta a cui riporta i propri casi clinici ai fini di una buona resa con il paziente;

stabilisce con l’ente ospitante e/o con l’utente volontario delle verifiche periodiche sull’adeguatezza del percorso arteterapeutico;

viaggia, conosce, sperimenta nuove tecniche, si approccia alle diversità;

sostiene l’individuo nella sua fragilità e nella sua sicurezza e ha fiducia nella sua capacità di cambiamento, entra a contatto con il suo io frammentato servendosi degli strumenti artistici. Lavora nel tentativo di ri-costruire l’io in maniera creativa in un continuo scambio con l’individuo o il gruppo che si presta;

definisce il setting, i confini da mantenere e le regole dell’incontro;

fa riferimento al principio deontologico della riservatezza delle comunicazioni contribuendo a creare un clima di sicurezza e di fiducia per l’utente;

Storia dell’arteterapia

L’arteterapia nasce in America e in Inghilterra intorno agli anni 50 per poi essersi sviluppata in tutta Europa. Nasce all’interno di Ospedali per i traumatizzati di guerra e all’interno di manicomi dove si recava la figura dell’Artista e faceva dipingere gli utenti i quali esprimevano il proprio mondo interno attraverso segni grafici che poi ritroveremo familiari nella corrente artistica dell’Art Brut. Nel tempo, grazie ad alcune pioniere come Edith Kramer (1916-2014) si è andata a formare la figura dell’Arteterapeuta la quale prevedeva l’influenza dei primi scritti psicoanalitici, come quelli di Jung che sostenevano l’idea che l’arte fosse un importante strumento di comunicazione per l’inconscio e per la coscienza. La Kramer diceva che “le virtù creative dipendono da quei processi psicologici che si attivano nel processo creativo” ed è per questo che tale figura si è costituita come parte autonoma che avesse delle matrici di tipo artistico e di tipo psicoanalitico. In Italia esistono, da qualche anno molte scuole di arteterapia di diversi approcci. Tuttavia la professione è stata ufficialmente ammessa nel Servizio Nazionale dal 1981. Da allora è stata sempre più ampiamente riconosciuta e si è sviluppata all’interno dei Servizi Sociali ed educativi, o presso enti indipendenti come il movimento hospice, Istituti carcerari, Comunità terapeutiche, scuole e Centri diurni.

L’arteterapia è una professione riconosciuta nei suoi diritti in Italia da APIART Associazione Nazionale Arteterapeuti, in Inghilterra da BAAT, British Association of Art Therapist e in America dalla AATA, The American Art Therapy association.

Le arti hanno fatto da testimone a tutti i drammi dell’umanità: attraverso di esse, l’uomo ha affrontato non solo le quotidiane difficoltà ma ha anche cercato una via per dare voce a situazioni che travalicano la possibilità di essere narrate, codificate, sintetizzate.

I primi arteterapeuti (Naumburg 1966), consideravano il disegno come “frammento congelato di un sogno”, la cui interpretazione era necessaria per portare alla superficie l’inconscio rimosso e quindi contribuire alla risoluzione dei conflitti intrapsichici dell’utente. In quest’ottica, il prodotto artistico era sottoposto a un’analisi del suo contenuto manifesto per giungere a quello latente. Per gli arteterapeuti di matrice junghiana, invece, le immagini che compaiono nei lavori degli utenti rimandano a temi mitologici e archetipici , l’individuazione e la narrazione dei quali hanno valore catartico e trasformativo (Schaverin, 1991). Per altri ancora (Luzzatto, 2009), la capacità dell’arte visiva di comunicare attraverso il simbolismo è caratteristica dominante del linguaggio dell’arteterapia.